Il ‘Sistema’ di Palamara

“Io non lo leggo il libro di Palamara, mi dispiace, voglio conservare ancora l’illusione di poter credere nella magistratura”, mi ha detto martedì un mio amico all’uscita del libro in cui Alessandro Sallusti intervista Luca Palamara, intitolato “Il Sistema”. Io, invece, lo sto leggendo perché credo nella magistratura, perché credo che una parte dei magistrati faccia il proprio dovere con diligenza senza aspettarsi particolari promozioni, ma solo per amore della giustizia, dell’applicazione della legge che non dovrebbe essere né di destra, né di sinistra, ma “uguale per tutti”.
E proprio perché credo ancora nella magistratura, credo che il libro di Palamara sia importante per far emergere tutto lo schifo, per scuotere finalmente le coscienze e sperare in una riforma radicale della magistratura. Una riforma che deve partire prima di tutto da un concetto etico del ruolo di magistrato, che deve essere rimesso al primo posto contro un carrierismo sfrenato e a tutti i costi.

Nel libro, però, non si parla solo di magistratura, non è il malfunzionamento della giustizia a essere al centro del discorso, bensì il “Sistema”, come lo chiama Palamara, con la lettera maiuscola. “Si ricordi la regola aurea del tre – spiega Palamara a Sallusti – le tre armi del ‘Sistema’: una procura, un giornale amico, un partito che fa da spalla politica. Funziona contro qualcuno, ma anche a difesa di qualcuno”.

Fa male leggere, anche se in parte già si sapeva, che i magistrati al di fuori delle correnti non hanno la possibilità di avanzamenti di carriera, avanzamenti che spesso non vengono dettati dalla bravura, ma da quanto queste persone possono essere utili e soprattutto grate al Sistema. Solo in questo modo il Sistema si riproduce e progredisce: promuovendo quelli bravi, quelli che non chiedono favori per andare avanti, non si instaura quel circolo vizioso e pericolosissimo per cui il favore va reso.
Emerge anche un’etica di facciata: ufficialmente si è integerrimi paladini della legalità, nel privato si chiedono i biglietti gratis per lo stadio o si parla di intercettazioni usate dai magistrati come arma di ricatto.

Considerando che buona parte della sua vita è finita sui giornali, dalle questioni delle nomine, effettivamente di pubblico interesse, agli aspetti più personali delle sue frequentazioni, che dovrebbero essere tutelati dalla privacy, Palamara non ha problemi ad ammettere le proprie responsabilità senza infingimenti, confessa di essere stato un meccanismo importante di quel Sistema, ma solo un meccanismo, non tutto il Sistema. Perché adesso è facile parlare di caso Palamara e gettare ogni responsabilità su di lui, come se facesse favori a se stesso, contrattasse le nomine con se stesso e non con gli altri colleghi e coi membri del Csm.
Può raccontare cose non vere? Potrebbe, ma come magistrato sa perfettamente quali sono le conseguenze cui andrebbe incontro, tanto più che parla di altri magistrati. E per ora le difese più circostanziate sono state pallidi “Non è vero”, senza entrare nel merito.

Palamara ora è stato allontanato dalla magistratura, ma ha fatto ricorso contro questo pesante provvedimento. Chi invece ha chiesto favori è ancora lì, a ricoprire la carica ottenuta dopo aver fatto ore di anticamera per elemosinare il suo aiuto, dopo aver inviato decine di messaggi per sapere quando sarebbe stato finalmente nominato. È questo schifo che deve essere letto dagli italiani, non per demolire la magistratura, ma per ripulirla del fango che persone come queste hanno gettato addosso a una categoria fatta, come ho già detto, per lo più da bravi magistrati che fanno bene il loro lavoro.