Porte girevoli e rischio corruzione. L’Italia vista dalla Commissione Europea

Conflitto di interesse e porte girevoli, oltre a una mancanza adeguata di tutela dei whistleblowing. Sono i punti su cui la Commissione ritiene che l’Italia sia più debole per quanto riguarda il rispetto dello stato di diritto. Ricordiamo che è stata votata una clausola di condizionalità per cui per avere i finanziamenti europei occorre che lo Stato membro rispetti lo stato di diritto.


Ma entriamo nel dettaglio. Sono quattro i pilastri che la Commissione ha preso in considerazione nella sua comunicazione.
Primo: la valutazione del sistema giudiziario. E si comincia maluccio. Perché i cittadini italiani non hanno una buona opinione del livello di indipendenza della magistratura: solo il 34% lo ritiene buono o molto buono. Percentuale che scende al 29 quando il sondaggio è fatto tra le imprese. Viene sottolineata la poca trasparenza nelle nomine al Csm (e come poter dire altrimenti dopo il caso Palamara?), una giustizia ancora troppo lenta e digitalizzazione in ritardo, soprattutto nel settore penale.

Ma i problemi più significativi si rilevano per quanto riguarda il quadro anticorruzione. In quest’ambito le carenze riscontrate sono molte, nonostante la legge anticorruzione venga considerata buona. Prima di tutto viene segnalata una lacuna considerevole sui whistleblowing. “La tutela degli autori di segnalazioni di illeciti – scrive la Commissione – rimane limitata, perché si basa su programmi di conformità su base volontaria che non tutte le società hanno predisposto. In pratica, l’Autorità Anticorruzione non ha il mandato per ricevere segnalazioni provenienti dal settore privato né per emanare sanzioni”. Volontario. Avete capito bene. Quindi, di fatto, in larga parte non applicato. Per questo è importante che la riforma, fortemente voluta dal M5s, venga portata a pieno regime anche nel settore privato.

Grave – e di estrema attualità visto quello che sta accadendo con Monte dei Paschi di Siena – è la lacuna normativa per evitare le “porte girevoli”, ovvero quella norma che, tra gli altri, avrebbe impedito a Padoan di ‘saltare’ da un ruolo all’altro e gestire tutta la partita Mps. Allo stato attuale non c’è una legge al riguardo, l’unica proposta giacente in Parlamento riguarda solo “i membri del Parlamento e le alte cariche esecutive, ma non si estende ai funzionari pubblici direttamente collegati ai ministri, ad esempio i capigabinetto”. Ovviamente viene segnalata la mancanza di una legge sul conflitto di interessi per i parlamentari “Finché non entrerà in vigore la nuova legge, la legislazione sui conflitti di interesse rimarrà frammentata. Analogamente – e qui la Commissione non usa mezzi termini – rimane frammentato e non trasparente il regime relativo alla pubblicazione delle dichiarazioni patrimoniali dei deputati e dei senatori”.

Viene rilevato anche che “non esiste alcuna legge relativa alle attività di lobbying nei confronti dei membri del Governo”, circostanza che diventa più rischiosa per la corruzione, considera la Commissione, per via del fatto che i finanziamenti ai partiti sono solo privati e quindi “più vulnerabili a influenze indebite”. Oltre a segnalare un tetto troppo alto per le donazioni private (100mila euro), la Commissione stigmatizza “la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche prima che vengano trasferite ai partiti politici può rappresentare un ostacolo per la contabilità pubblica, poiché tali operazioni sono difficili da tracciare e monitorare”.


La Commissione non risparmia nemmeno il decreto legge sulle semplificazioni: “Le misura si contrano su procedure rapide e aggiudicazione diretta senza gare ufficiali (…) tutti elementi questi, che rischiano di facilitare la corruzione”. Chiaro, senza giri di parole! Con l’aggravante che il Covid 19 ha aumentato i rischio delle infiltrazioni della criminalità organizzata grazie anche all’utilizzo di metodi corruttivi.

Il terzo pilastro riguarda libertà e pluralismo dei media. La Commissione sottolinea che manca una legge sul conflitto di interessi. Il Media Pluralism Monitor mette l’Italia a rischio medio per indipendenza politica e autonomia editoriale, sottolineando però che “In Italia si osservano alti livelli di concentrazione in tutti i settori dei mezzi di informazione”. I giornalisti sono ancora troppo spesso oggetto di minacce, pressioni e intimidazioni. Ricordiamo anche che in Italia manca una legge sulle querele temerarie, a cui si aggiunge il fatto che la protezione e il quadro normativo sul segreto professionale dei giornalisti “restano inadeguati”. La Commissione segnala anche ostacoli all’effettivo accesso civico alle informazioni della pubblica amministrazione.

Va meglio per l’ultimo pilastro, quello relativo al bilanciamento dei poteri, per cui non sono ravvisati particolari problemi. Viene sottolineata solo la mancanza di un’istituzione indipendente per i diritti umani, in linea con i principi di Parigi e le raccomandazioni delle Nazioni Unite.