Un decreto superfluo e fuorviante

Il dl sulla presunzione d’innocenza appena entrato in vigore fa discutere, perché già esiste una normativa consolidata in materia, a cominciare dalla Costituzione. Abbiamo chiesto un parere a Roberto Pennisi, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia

Il DECRETO LEGISLATIVO 8 novembre 2021, n. 188, entrato in vigore lo scorso 14 dicembre, non sembra corrispondere ad un sano sistema di legislazione, in quanto solo formalmente e, vorrebbe dirsi, in maniera farisaica affronta e finge di risolvere una situazione giuridica, quella della persona sottoposta ad indagini e/o procedimento penale, che in ben altro modo è affrontata e risolta nel nostro sistema giuridico, ovvero nella Carta costituzionale.
Va premesso che, in via generale, compito di fornire le notizie al pubblico non appartiene all’Autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, bensì alla stampa che garantisce la informazione con l’esercizio di un diritto che è libero, col solo limite della veridicità di quanto riferito, e qualunque siano le conseguenze che derivano dall’aver propalato notizie vere. Ed alla stampa medesima è riconosciuta la facoltà di acquisire le notizie nella maniera ritenuta più opportuna, col solo limite dell’atto corruttivo.
Ciò posto, la normativa in questione in nulla sembra modificare la realtà preesistente, avendo anzi sancito la ritualità delle informazioni diffuse dalla Autorità (con comunicati ufficiali e con conferenza stampa nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti), col solo limite di non affermare che le persone di cui si riferisce siano colpevoli! Esplicitamente, infatti, il legislatore afferma nell’art. 2: “È fatto divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”.


Ma, in realtà, non si è mai visto un comunicato, oppure una conferenza stampa in cui il Procuratore, oppure l’Ufficiale di p.g. delegato, abbiano definito colpevole il soggetto o i soggetti oggetto delle indagini, colpiti o meno da provvedimento restrittivo. Sicché tale disposizione è da ritenere del tutto superflua.
Come pure la disposizione contenuta nell’art. 2 bis decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, “La diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico”, sembra del tutto superflua. Quanto alla prima parte perché del tutto irrealizzabile che un inquirente propali una strategia investigativa; quanto alla seconda parte, perché in ogni caso chi diffonde le notizie le rappresenterà come corrispondenti a ragioni di interesse pubblico.
E l’aver, conseguentemente, previsto il diritto di rettifica sembra proprio una amara irrisione!

Roberto Pennisi, magistrato Dna