La foglia di fico dei referenda sulla giustizia


Abolire il correntismo all’interno del Csm, rendere più eque le decisioni dell’organo di autogoverno, evitare sovrapposizioni di ruoli all’interno della magistratura e l’abuso della carcerazione preventiva. Tutte questioni in linea di principio condivisibili, anzi di fondamentale importanza. Il problema è che questi obiettivi si vogliono raggiungere attraverso quesiti referendari, alcuni dei quali sembrano scritti direttamente dalla Banda Bassotti.

Partiamo dalla fine. Il quesito numero 5 vuole l’abrogazione della legge Severino, che stabilisce l’incandidabilità per parlamento, europarlamento e incarichi di Governo di persone condannate in via definitiva per reati gravi. Incandidabilità che mi sembra, sinceramente, il minimo sindacale debba essere richiesto ai rappresentati dei cittadini. Per cui ritengo assurda la presentazione di un quesito del genere.

Passiamo al 4: abolizione della custodia cautelare (carcere, ma anche arresti domiciliari, obbligo di firma, obbligo o divieto di dimora) nel caso di pericolo che si commetta nuovamente un reato della stessa specie (eccetto per atti di violenza contro la persona, uso di armi e partecipazione a organizzazioni criminali). In questo caso, un giudice non potrebbe limitare uno stalker, per esempio, con un divieto di dimora. O lo spacciatore, che non potrebbe più essere sottoposto a limitazioni della libertà. Ma soprattutto coloro che commettono reati fiscali o contro le pubbliche amministrazioni non avrebbero da temere alcuna limitazione della libertà, potendo continuare a delinquere agevolmente. Più che un referendum, sembra uno ‘scudo’ di impunità per i colletti bianchi, che potranno aspettare da liberi un processo, che – ricordiamolo – ha tempi di prescrizione rapidi.

Per quanto riguarda la separazione delle carriere tra giudicante e requirente, le regole per evitare sovrapposizioni ci sono già e mi sembra che il quesito referendario non abbia conseguenze di migliorative.

Per gli altri due referenda, la questione è più tecnica. Nel secondo si introdurrebbe il voto dei membri non togati dei consigli giudiziari (avvocati e professori) per quanto riguarda le valutazioni di professionalità dei magistrati, quindi per tutto ciò che concerne carriere e provvedimenti disciplinari. Partendo dal presupposto che il sistema attuale non è il migliore possibile, perché condizionato dalle correnti, e non solo: se passasse la modifica si creerebbe anche un conflitto di interessi gigantesco. L’avvocato potrà, per esempio, decidere sulla carriera del magistrato che deve pronunciarsi sulla posizione di un imputato che difende o su un procedimento civile di cui è rappresentate di una delle parti.

Infine, forse il quesito più tecnico, il primo. I magistrati per candidarsi al Csm devono trovare dai 25 ai 50 ‘supporter’. Questo, secondo la ratio del quesito, favorirebbe i magistrati che fanno parte di correnti, scoraggiando quelli indipendenti. A parte il fatto che voglio sperare che vi siano ben più di 25 magistrati indipendenti, la norma di per sé non serve assolutamente a scoraggiare il correntismo. Se un magistrato non riesce ad avere 25 firme per presentarsi, figuriamoci se potrà poi avere alle elezioni un numero minimo di voto per ambire a un posto al Csm. E soprattutto gli accordi correntizi per chi votare si possono fare tranquillamente.

In conclusione, i quesiti referendari, più che risolvere i problemi attuali, rischiano di crearne ulteriori. Sapete bene che auspico una effettiva riforma della giustizia ormai da tempo, ma questi referenda sono l’ennesima foglia di fico che non risolve i problemi della giustizia.