Strage di Pizzolungo: il favore della mafia alla politica?

Sono 37 anni dalla strage di Pizzolungo, dove ha perso la vita una giovane mamma, Barbara Rizzo, 30 anni, e i suoi due gemellini di 6 anni, Giuseppe e Salvatore Asta.
Sono le ‘vittime collaterali’ di un attentato destinato ad assassinare il giudice Carlo Palermo. Fu un puro caso, una questione di attimi, un qualche fato che ha deciso altrimenti: l’auto di Palermo ha superato quella della giovane mamma esattamente dove al bordo della strada era stata parcheggiata l’autobomba. Quando gli assassini hanno attivato il telecomando incuranti che ci fosse un’auto di persone che non c’entravano nulla con il loro obiettivo, l’auto della mamma ha fatto da schermo a quella del giudice, salvandogli di fatto la vita. Queste le parole di Carlo Palermo nel suo libro difficile, ma importantissimo ‘La Bestia’.

“Vedo per terra piccoli frammenti di lamiera di altri colori. Un flash nella mente mi fa muovere di scatto la testa. Le altre macchine? Dove sono? Scomparse. Mi giro attorno. Vedo tutto offuscato. Una macchia rossa in altro sulla parete di una casa richiama la mia attenzione. Mi avvicino. C’è un cancello, chiuso. All’interno, per terra, in corrispondenza della macchia in altro, piccoli resti… di un bimbo… di un elastico… fogli svolazzanti di libri di scuola”.

Mi sono soffermata su questi dettagli perché queste vittime sono vittime dello Stato, o almeno di un certo tipo di Stato (perché non è mai giusto generalizzare).
Sapete cosa disse Luigi Ilardo, il mafioso vicino a Piddu Madonia e Bernardo Provenzano, che poi divenne infiltrato per lo Stato e sarebbe diventato collaboratore di giustizia se non fosse stato ucciso prima? “L’intesa tra la mafia e il PSI – aveva dichiarato Ilardo – nasce intorno al 1985, anno in cui quel partito aumenta le preferenze nella regione Sicilia. Tale accordo trova suggello con l’attentato eseguito da esponenti di Cosa nostra al giudice Carlo Palermo, su richiesta dei vertici del PSI”.

Carlo Palermo era giudice istruttore a Trento. La sua indagine, partita inizialmente come traffico di droga, scoprì anche un traffico di armi che coinvolgeva persone all’apice del nostro Stato e in particolare dei servizi segreti, che ‘permettevano’ la vendita di armi a paesi sotto embargo o in guerra, spesso attraverso triangolazioni. Armi che finivano anche a mafie e terroristi. Quando le indagini di Palermo arrivarono a toccare il Psi di Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio. L’indagine gli venne tolta proprio su richiesta politica e inviata a Venezia, dove finì nel nulla, dimenticata e perduta negli angoli più reconditi degli archivi. Cominciò anche l’attacco ‘istituzionale’ al giudice, che viene sottoposto a procedimento disciplinare davanti al Csm.

L’attacco istituzionale continuò anche dopo che Palermo si era fatto trasferire a Trapani, perché nella sua indagine aveva trovato moltissimi collegamenti con quella zona e aveva capito che l’unico modo per portare avanti i suoi accertamenti era andare in Sicilia. E infatti aveva collaborato già con diversi magistrati siciliani, tra cui Giovanni Falcone. A soli due mesi dall’attentato di Pizzolungo, il Csm decise una sanzione disciplinare, che lo privava di sei mesi di anzianità. Poi Palermo farà ricorso e vincerà su tutta la linea. Ma in quel momento doveva essere additato come giudice inaffidabile, che agiva fuori dalle regole, per ‘ammazzarlo’ professionalmente. Del resto lo sappiamo, gli eroi si preferiscono morti.

Il terribile attentato di Pizzolungo avvenne solo una cinquantina di giorni dopo che Carlo Palermo era giunto a Trapani. Non aveva nemmeno fatto in tempo a prendere in mano le carte che trovò sulla sua strada un’autobomba. La domanda sorge spontanea. Chi aveva interesse a uccidere Carlo Palermo? Ilardo aveva ragione?
Quante altre volte la mafia è stata usata da un certo tipo di Stato come braccio armato?