Fin dove è mafia?

Si intitola così la parte della Relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia della passata legislatura, appena pubblicata, che contiene le considerazioni del suo presidente Nicola Morra.

Una parte molto interessante è quella che ricostruisce quanto accadeva nella procura di Palermo nel momento delle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Omissioni, depistaggi, archiviazioni, distruzione di intercettazioni: gli elementi raccolti mostrano chiaramente perché Borsellino definì l’allora procura di Palermo “un nido di vipere”.

E da qui la domanda che dà il titolo al paragrafo: fin dove è mafia?

Perché non fu Cosa Nostra (come la intendiamo comunemente) ad archiviare, depistare, distruggere intercettazioni.

Dopo trent’anni è doveroso che lo Stato faccia finalmente chiarezza, viene ribadito nel testo, “nella consapevolezza che se ancora oggi non si è accertato se mandanti occulti, forze esterne, hanno condotto a quelle uccisioni è perché qualcuno continua ad impedire che venga compreso quanto realmente accadde, e che vengano individuati i colpevoli. E nella ulteriore, dolorosa, consapevolezza che quel qualcuno, qualunque veste indossi, è mafia. Ed è ancora lì, nonostante il tempo trascorso, pronto ad intervenire per ostacolare la ricerca ed il disvelamento della verità”.

Nelle considerazioni viene spiegato che “quanto accaduto in quegli anni ha suggellato legami rendendoli inscindibili; segreti indicibili hanno unito persone di diversa appartenenza nella comune esigenza che quanto accaduto non fosse rivelato. Perché, altrimenti, occorrerebbe ammettere condotte gravissime o almeno serissimi errori, rinunciare a brillanti carriere e a posizioni d potere, esporre a pericolo se stessi e le persone a sé vicine”.

“È fondamentale – conclude il presidente – capire chi sono coloro che l’hanno ordito e hanno dato l’ordine di eseguirlo, perché questi sanno chi ha fatto esplodere la bomba in via D’Amelio e perché il dottor Borsellino è stato ucciso. E non vogliono, ancora oggi, che qualche indicibile segreto venga rivelato. Solo quando costoro verranno individuati e saranno chiare le trame che sino ad oggi hanno impedito di conoscere la verità, si potrà dire di avere capito cosa è la mafia. E fino a dove è mafia”.

Una domanda che andrebbe posta per tanti misteri italiani: non solo fin dove è mafia, ma anche fin dove è terrorismo (rosso, nero o islamico). Leggendo queste pagine mi viene in mente una frase del “Contesto” di Leonardo Sciascia che cito spesso: “In pratica, si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo rappresentavano, che lo detenevano. Lo Stato detenuto. E bisognava liberarlo. Ma era in detenzione anche lui: non poteva che tentare di aprire una crepa nel muro”. Una crepa nel muro che dopo trent’anni dubito sarà quella giudiziaria. Più facile che sia quella storica e giornalistica. Sicuramente non bisogna smettere mai di chiedere e ‘inseguire’ la verità.