Terra dei Fuochi: sottovalutazione criminale, promemoria per il nuovo governo


Il meccanismo economico è semplice. L’imprenditore deve smaltire rifiuti, lo smaltimento è un costo che deve essere ridotto il più possibile per massimizzare i profitti. Soprattutto nel caso di industrie di grosse dimensioni che producono rifiuti speciali, i costi di smaltimento saranno alti. Ma ci sono metodi per abbassarli. Se invece che all’azienda che svolge lo smaltimento in maniera regolare, l’imprenditore si affida a società collegate con le mafie (o a imprese criminali) avrà la documentazione in regola, ma avrà più che dimezzato i costi di smaltimento. Con il vantaggio che, proprio perché le carte sono formalmente in regola, potrà fare la parte di quello che non sapeva, come se il dimezzamento dei costi non fosse già un sufficiente campanello di allarme.
Ma chi se ne frega: davanti ai soldi cosa importa se i rifiuti vengono interrati da qualche parte lontano? Chi se ne frega se poi le persone che abitano in quelle terre si ammalano di tumore e muoiono. Chi se ne frega se tra loro ci sono anche tanti, tantissimi bambini che soffrono in un letto di ospedale chiedendo ai loro genitori con i grandi occhi spalancati di non sentire più dolore, di tornare a giocare. Chi se ne frega.

Puntiamo il dito contro le mafie. Giusto. Ma quella è solo una parte del problema. Manca l’imprenditore che nella maggior parte dei casi non verrà mai toccato dalla giustizia, perché diventa sostanzialmente indimostrabile il suo coinvolgimento. Manca la politica, che sulla “Terra dei fuochi”, e sulle tante terre dei fuochi che ci sono in giro per l’Italia, ha fatto finta di non vedere. Per anni si diceva che non era dimostrabile la correlazione tra inquinamento e tumori. È anche emerso che l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, negli anni Novanta secretò il verbale del pentito Carmine Schiavone che parlava proprio degli interramenti di rifiuti. Quando la notizia emerse ed era già diventato Capo dello Stato, Napolitano smentì. Sta di fatto che se si fosse intervenuti subito con le bonifiche, le falde acquifere e il terreno non si sarebbero impregnati tanto di sostanze tossiche da diventare irrecuperabili e determinare effetti tanto nocivi. La mancanza di volontà politica ha per lungo tempo impedito di avere un riscontro più puntuale su cause ed effetti.

Le pesanti conseguenze sulla salute prodotte da discariche, roghi e sversamenti nella Terra dei fuochi risalgono a parecchi anni fa. Il termine “Terra dei Fuochi” fu impiegato per la prima volta nel nel 2003 nel Rapporto “Ecomafie” di Legambiente. Vennero subito sottolineate le conseguenze sulla salute degli abitanti di quel territorio di 1.076 km², in cui si trovano 57 comuni delle province di Napoli e Caserta. Dopo le direttive ministeriali del 2013 e del 2014 risultano mappati circa 90 comuni. L’esistenza delle discariche abusive e dell’attività delle ecomafie è però molto più antica. Più di trent’anni fa, il biologo e giornalista Angelo Genovese denunciò in modo molto puntuale l’esistenza di queste discariche illegali e il danno che esse arrecavano alla salute, con un aumento di gravi malattie.

Ora qualcosa si è mosso, ma ci sono ancora molte cose da fare in tema di bonifiche, monitoraggio, contrasto alle ecomafie e dati certi sulla salute. Ma soprattutto è necessario prendere coscienza dello schifo e delle complicità trasversali che hanno permesso questo disastro. Perché se un bambino muore di tumore per lo smaltimento irregolare di rifiuti – e la correlazione causale è stata finalmente, seppure tardivamente, certificata – non è una sfortuna capitata dal cielo, ma un omicidio bello e buono. Come fate tutti voi che siete stati coinvolti in queste pratiche a guardarvi allo specchio?
Vi allego un video che vale più di mille parole; guardate gli occhi di queste mamme che hanno perso i loro bambini in un modo così atroce, guardate la forza che hanno ancora di lottare, perché sanno cosa vuol dire e vorrebbero che quanto è successo a loro non si ripetesse mai più.