23 maggio, la fiera dell’ipocrisia


Chissà come avresti voluto essere ricordato. Forse volevi solo vivere e continuare il tuo lavoro, invecchiare vicino al mare, sorridere e fumare. Invece oggi ti ricordano tutti, anche quelli che ti odiavano, anche quelli che ti hanno tanto ostacolato quando vivevi. Perché da vivo potevi esprimere le tue opinioni, da morto possono metterti in bocca tutto quello che a loro fa comodo. Immagino come avresti allontanato tanti di quelli che ora vengono alle cerimonie in tua memoria, pensandoli mafiosi o ancora peggio. Invece ora sfilano, ogni 23 maggio, invece ora hanno questa bella patina di antimafiosi, anche se avevano i genitori così tanto amici di Cosa Nostra che non si è mai riusciti a capire i confini, confini che – per altro – non si sono mai potuti cercare. Ma tu lo scrivesti nei tuoi diari. Eppure oggi sono i paladini dell’antimafia, oggi sono al vertice di questo Stato che in 29 anni non è riuscito a scoprire tutta la verità sulla tua morte, quella di tua moglie e degli uomini della tua scorta.
E a questo gruppo di ipocriti, si affiancano quegli esseri peggiori che ti celebrano il 23 maggio e il giorno dopo approvano una legge che ti avrebbe schifato: da tutta la sordida macchinazione orchestrata ad arte per la cancellazione dell’ergastolo ostativo, alla semplificazione dei subappalti senza soglia. A volte l’unica cosa che mi auguro è che ti lascino riposare in pace. Anche senza verità, ma almeno senza usarti. Sì, riposare in pace, forse in compagnia di chi ha avuto il coraggio di gridare che esisteva una antimafia falsa e, nel farlo, era profondamente d’accordo con te.