Indignazione

Non è possibile che in un paese civile possano avvenire episodi come quello nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il giornalista Nello Trocchia aveva denunciato questi riprovevoli fenomeni. Ma sembrava che avesse ingigantito i fatti. Anche il sottosegretario alla giustizia Vittorio Ferraresi aveva minimizzato: ha risposto all’interpellanza dicendo che sulla vicenda dei pestaggi c’era un’indagine in corso e dal ministero non potevano fare nulla, tuttavia dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva ricevuto rassicurazioni sul corretto comportamento dei poliziotti carcerari che erano intervenuti per ripristinare l’ordine e allontanare coloro che sono stati ritenuti “promotori dei disordini, distintisi per la loro ferocia nel compimento degli atti turbativi che hanno caratterizzato la rivolta”.
Poi si scopre che la ferocia non era dei detenuti, ma di alcune guardie che hanno preso di mira i carcerati più deboli – uno addirittura disabile – e hanno effettuato quello che dalle indagini e dai filmati sembra una vera e propria spedizione punitiva che calpesta ogni diritto umano.
Dalle parole del sottosegretario si scopre anche che il capo del Dap, il tanto discusso Basentini, ha incontrato il personale della polizia penitenziaria per esprimere loro solidarietà e vicinanza. Ma un giro tra i carcerati per cercare di capire cosa era successo lo ha fatto? E perché poi ha riportato al ministero una ricostruzione dei fatti distante da quello che era la realtà? Possibile che un giornalista sappia e il capo del Dap no? Ricordiamo che il suo stipendio è di oltre 300mila euro e il suo ruolo è anche quello di essere capo della polizia penitenziaria. Un compito che merita molta attenzione, perché la polizia penitenziaria svolge un ruolo di estrema importanza e gli agenti si trovano in una posizione anche psicologicamente delicata, soprattutto quando ci sono rivolte. Invece le guardie carcerarie sono una polizia dimenticata, anche dall’opinione pubblica, perché i cittadini non hanno un rapporto immediato come può avvenire con carabinieri o polizia di Stato.
Agli agenti che hanno preso parte ai pestaggi penserà la giustizia nelle aule di tribunale, è però importante che le responsabilità per quello che è accaduto non si fermi alla base, ma investa anche la scala gerarchica, perché non è possibile che un capo del Dap rassicuri il ministero della Giustizia, nonostante fatti così gravi.
Quello che è successo tra le mura carcerarie durante il Covid, le rivolte scoppiate tutte insieme come se fossero organizzate, le successive ‘scarcerazioni’ dei boss al 41 bis e all’Alta sicurezza (non dei detenuti comuni, che vivono ammassati) e ora i pestaggi non possono esimerci da porre all’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede una domanda: dal momento che sulla competenza di Basentini alla prova dei fatti vi è più di un dubbio, perché venne scelto e preferito a un grande magistrato come Di Matteo? Per un Movimento basato sulla trasparenza, queste risposte dovrebbero essere già arrivate.