Omicidio Mattarella: killer terroristi neri. I mandanti? Commistione inquietante tra mafia e altro (parte 1)

di Sabrina Pignedoli

Gli omicidi politici eccellenti degli anni Ottanta in Sicilia, da Piersanti Mattarella a Pio La Torre, sono frutto di una stessa matrice, “con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni”: E gli esecutori materiali vanno ricercati tra i terroristi neri, già condannati per la strage della stazione di Bologna.
Le parole di Giovanni Falcone alla Commissione parlamentare antimafia in missione il 22 giugno del 1990 a Palermo, rappresentano un pezzo di storia che per decenni è rimasto secretato e che ora, grazie alla richiesta dell’Associazione dei cittadini contro le mafie e la corruzione, subito accolta dal presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, può essere liberamente consultato.

Falcone racconta dell’ipotesi investigativa che stava ultimando Rocco Chinnici prima di venire ammazzato: un collegamento unitario tra “omicidi ‘eccellenti’, che sono in un certo modo apparentemente scaglionati nel tempo, ma che in realtà si inseriscono in vicende di dinamiche anche interne alla mafia e che possono restringersi in un ben individuato arco di tempo”. Il primo omicidio da cui parte l’ipotesi di Chinnici, poi accolta e sviluppata da Falcone, è quello di Michele Reina, consigliere comunale della Dc assassinato nel 1979. Quel delitto torna in ballo nel momento in cui Falcone e il pool antimafia cominciano a fare passi avanti sull’omicidio di Piersanti Mattarella. Responsabili, secondo quanto emerso dalla indagine, sarebbero Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, i terroristi neri condannati per la strage della stazione di Bologna.

A dirlo ai magistrati è il fratello di uno dei due, Cristiano Fioravanti. Tuttavia proprio in quel periodo compare un pentito, che sull’omicidio Mattarella tenta di depistare gli inquirenti, indicando come esecutori killer di mafia. Benché le sue dichiarazione abbiano portato all’arresto del boss Michele Greco e siano risultate in parte credibili, spiega Falcone alla Commissione antimafia, sull’omicidio Mattarella non è da ritenersi credibile: “Posto che il Galati era un depistatore, si è rafforzata perciò la convinzione di seguire la pista del terrorismo nero quale esecutore materiale”. Le modalità dell’omicidio sono riconducibili a un delitto compiuto da terroristi, “sotto il profilo della compatibilità fra l’omicidio mafioso affidato a personaggi che non avrebbero dovuto avere collegamenti con la mafia – spiega Falcone – è emersa una realtà interessante e inquietante”. Ed è proprio qui il punto significativo della questione: come nasce l’omicidio Mattarella e di conseguenza quelli a esso collegati, secondo l’ipotesi investigativa condivisa con Chinnici?

Primo presupposto: quell’omicidio “non avrebbe potuto essere consumato senza il benestare di Cosa nostra”, nel senso che “non interessava a tutti più di tanto che rimanesse in vita”, e qui l’elemento mafioso. Ma non fu solo un omicidio di mafia. “Mi consenta di dire che ciò è assolutamente impossibile – è categorico Falcone – Perché l’uccisione di Mattarella presuppone un coacervo di convergenze e di interessi di grandi dimensioni”.

Falcone rivela poi che stava valutando la possibilità che gli esecutori materiali dell’omicidio Mattarella siano gli stessi di quello di Reina, secondo quanto indicato dalla vedova di quest’ultimo che si è presentata spontaneamente in procura: “Dichiarazioni – sottolinea Falcone – veramente impressionanti quanto a convergenza con l’esecuzione materiale dell’omicidio di Mattarella”.
Ma per Falcone, “l’omicidio importante, l’omicidio di spicco, l’omicidio che si inquadra in un determinato contesto dovrebbe essere, secondo me, quello di Pio La Torre”. Non entra nel dettaglio Falcone su questo punto, ma fa ancora riferimento alla “commistione”, che certamente non vede Cosa nostra come unica attrice di questi omicidi eccellenti. (CONTINUA)