Pene più severe per i reati ambientali



Gli ultimi dati disponibili nel nostro Paese confermano la costante crescita dei reati contro l’ambiente. Nel 2019 sono stati accertati 34.648 casi, con un aumento del 23,1% rispetto al 2018 (Rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente).

Da decenni la criminalità organizzata opera nel settore dello smaltimento illegale dei rifiuti, offrendosi a imprenditori disonesti o inserendosi nelle gare d’appalto. Come ha osservato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, i delitti legati allo smaltimento illegale dei rifiuti “sono quasi tutti reati d’impresa”.
I guadagni sicuri e le pene relativamente basse rispetto ad altri crimini, come per esempio il traffico di droga, favoriscono da tempo una crescita di interessi da parte delle mafie in questo campo. La coordinatrice della Dda di Milano, Alessandra Dolci, ha recentemente dichiarato che “la criminalità organizzata è sempre più interessata al settore rifiuti e, in particolare, a rilevare aziende medio piccole in difficoltà che trattano i rifiuti, in molti casi facendo sistema con il mondo imprenditoriale”. Un abbraccio tossico, con gravi conseguenze sulle future generazioni, quello tra gruppi criminali e imprese disoneste.

Con la crisi economica legata alla pandemia, questi problemi risultano acuiti. Se le mafie stanno tentando di prendere possesso di aziende operanti nel settore dei rifiuti, è perché vogliono essere in prima fila negli appalti che arriveranno con gli aiuti dell’Unione Europea previsti con il Next Generation EU e il rilancio delle attività economiche. Vogliono proporre soluzioni a minor costo alle aziende, con lavoratori sottopagati, discariche abusive e roghi tossici. Le mafie però non commettono da sole questi reati, perché hanno sempre bisogno anche di funzionari pubblici e altri colletti bianchi che entrano a pieno titolo a far parte di questo sistema criminale.
Ci vuole poco a trasformare un pezzo di campagna in una discarica illegale: i danni sono incalcolabili, sia per il territorio che per le future generazioni. L’impatto sulla salute dei cittadini è non solo intuitivamente comprensibile, ma anche attestato in innumerevoli casi, a cominciare da quello della “Terra dei Fuochi”, con statistiche e studi scientifici tristemente chiari e inequivocabili. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che molte parti d’Italia, al Sud come al Nord, sono costellate da tante, piccole, “Terre dei Fuochi”.

Le indagini in questo settore sono particolarmente complesse e richiedono operatori specializzati. Le forze dell’ordine devono lavorare su una grande mole di dati e sorvegliare enormi porzioni di territorio. In questa battaglia per la difesa della salute pubblica vanno certamente rafforzate risorse umane e competenze. Rispetto ad altri reati, il pericolo è forse percepito come meno immediato ed è possibile che se ne sottovalutino le conseguenze. Sarebbe un grave errore. Il pericolo maggiore è quello di arrivare solo dopo che il danno è già stato fatto. Sappiamo tutti che le bonifiche sono molto costose e richiedono anni di lavoro. È necessario mettere più forze in campo nella lotta ai reati ambientali ma bisogna anche approvare nuove leggi con pene più severe. Pene che diano il giusto peso alla gravità di questa minaccia per tutti noi.

L’Unione Europea ha da tempo offerto un nuovo quadro legislativo sui reati contro l’ambiente con la Direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, chiedendo sanzioni più severe. Ma il numero più alto di nuove procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri riguarda proprio il mancato, tardivo o scorretto recepimento proprio delle norme europee sull’ambiente.
Il nostro Paese ha compiuto un deciso passo in avanti con l’entrata in vigore nel 2015 della Legge 68/2015, inserita nel Codice Penale (Libro Secondo) con il Titolo VI-bis, che definisce nuove fattispecie di reato, come inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica. Una legge fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, ma che non può considerarsi un punto di arrivo. Infatti, le pene, benché accresciute per questo tipo di reato, arrivano a un massimo di sei anni ed evidentemente non ancora sufficienti a contrastare la convergenza di interessi economici che portano per esempio a smaltire illegalmente rifiuti tossici, inquinando l’aria, l’acqua e il terreno, piuttosto che seguire le corrette procedure previste dalla legge.