Cartabia e il dibattito dei bimbi all’asilo

Salvini: “Conte fa il sabotatore e Letta gli fa da palo”. La replica di Letta: “Parli come i tuoi assessori pistoleri”. Due dichiarazioni a cui non avrei fatto caso nell’ambito della contrapposizione politica se non fosse che la materia del discutere è davvero molto, molto seria. Non so se Salvini e Letta si siano resi conto di quello che comporterà la riforma Cartabia ed essendo un momento così delicato mi sarei aspettata un dibattito che non fosse quello da bambini dell’asilo, ma una contrapposizione sul merito.

E nel merito vorrei fare alcune considerazioni. Prima di tutto non difendo a spada tratta la casta giudiziaria, se avete letto qualche mio editoriale lo sapete bene. Per cui ritengo che una riforma della giustizia nel suo complesso sia necessaria. Ma quella della ministra Cartabia non è una riforma, è uno stillicidio che non farà altro che aumentare le diseguaglianze sociali: chi può permettersi di pagare un avvocato, tirando per le lunghe i processi, sarà sempre impunito. Solo i poveri diavoli verranno condannati. Perché allora lavorare una vita e spaccarsi la schiena? Molto più semplice organizzare una bella truffa, si guadagna di più e, con la riforma, i rischi di venire condannati sono praticamente inesistenti: delinquere, a questo punto, conviene. E anche i ‘ritocchini’ per rendere più digeribile questo testo immondo non servono a nulla.

Vi parlo, per esempio, della questione mafia. La ministra Cartabia ha dimostrato palesemente di non sapere nemmeno cosa dice il codice penale all’articolo 416 bis. Pensava che escludere dall’improcedibilità i reati puniti con l’ergastolo fosse sufficiente per escludere anche quelli di mafia. Ma il 416 bis, di per sé, non è punito con l’ergastolo. Ergo, la Cartabia ignora (per essere gentili) anche i fondamenti del reato di associazione mafiosa.
Grazie a Conte – che almeno il codice penale lo conosce – si è riusciti a ottenere la sospensione dell’improcedibilità anche per mafia. Bene. Ma non serve a molto. Vi spiego perché: le mafie per sopravvivere hanno sempre – e sottolineo sempre – bisogno dell’altro da sé, che può essere la complicità del potere finanziario, economico, politico, istituzionale. Se vogliamo combattere le mafie, dobbiamo togliere anche l’humus in cui insinuano le loro radici, altrimenti rischiamo strappare l’erbaccia, ma la malapianta rinascerà: fuor di metafora, arrestati i componenti di una cosca, vi sono altri componenti o altre cosche che ne prendono il posto se il terreno resta fertile per i loro affari. Quindi occorre colpire anche il malaffare laddove non è mafia, perché quel malaffare è spesso funzionale al radicamento della mafie. Per esempio, la corruzione, i reati contro la pubblica amministrazione, i reati ambientali, il riciclaggio: non per forza sono legati alle mafie, ma nel momento in cui i mafiosi si trovano davanti a una realtà affetta da questi mali, per loro fare affari e radicarsi nel territorio è un gioco da ragazzi. Invece i reati dei colletti bianchi diventeranno improcedibili in poco tempo, lasciandoli impuniti (anzi, improcedibili).

Concludo tornando a Salvini e Letta. Il tema della riforma Cartabia è molto, molto serio e sarebbe bene che ne discutessero nel merito in maniera più approfondita. Invece che il litigio da bimbi dell’asilo, i contendenti avrebbero potuto evidenziare ben altro. Da un lato l’incoerenza del Pd, disposto a dare il via libera alla riforma (pure senza ‘ritocchini’), fregandosene altamente anche del parere di quello che un tempo – forse strumentalmente – era stato proposto come ministro della Giustizia, ovvero Nicola Gratteri che della riforma Cartabia ha espresso il giudizio più severo. Dall’altro l’incoerenza di Salvini, che approvando la riforma Cartabia va esattamente nella direzione opposta a tutti gli spot sulla sicurezza che gli hanno portato tanto consenso. Un leader della Lega che si scaglia contro il rapinatore di vecchiette sui social e poi nella stanza dei bottoni approva la riforma che rende improcedibile il processo per il rapinatore, a chi darà la colpa? Al rapinatore? O al giudice che ha solo applicato la legge?